http://www.improvearts.net/back-to-the-wood-intervista-michele-villetti/
di Leonardo Vietri
C’è un momento dove bisogna tornare indietro per ritrovare il proprio futuro. La propria direzione. La carica creativa che ci focalizza nel presente. È quanto ha fatto il talentuoso batterista e compositore viterbese Michele Villetti. La musica è il suo linguaggio e le foreste sono il suo ambiente, la sua seconda casa. Da lì è partito – anzi è ritornato – per ritrovare il proprio baricentro artistico e personale. Solo ricollegandosi alla natura, è possibile un altro presente, sostiene Villetti.
Masileyo è il nome scelto per il suo primo disco solista: canzoni che tracciano un caledoscopio di musiche, ricco e variegato, attingendo ad una percezione incontaminata della realtà.
Il sottotitolo parla chiaro: Soundtracks for a real life. A tutte le stereotipizzazioni della comunicazione di massa, e l’imbarbarimento dei costumi e dei gusti (musicali e non solo) della società, Michele Villetti ed il suo equipaggio di sognatori replicano con un disco di intensa bellezza e variopinta ariosità, un’alchimia di sensazioni e miscele sonore ad alto coinvolgimento emotivo.
Schegge di musica limpida e incorrotta che originano dall’intima gioia di sentirsi tutt’uno con la natura e le sue forme. Siano esse vegetali o animali. E proprio all’incontro con una volpe, Renard, Michele dedica il suo Masileyo.
Buon ascolto e buona immersione nei vostri paesaggi interiori.
Michele, parlaci della tua traiettoria di vita personale e professionale, cosa ti ha portato a Masileyo?
Sinceramente non ho mai seguito una traiettoria ben precisa, ho semplicemente ascoltato me stesso, volevo fare del bene. Nulla più. Così ho iniziato a suonare e con gli anni è diventata la mia professione. Sono arrivato poi a Masileyo, un piccolo traguardo della mia vita, un punto dove assaporare la bellezza dell’esistenza per poi proseguire.
Durante la presentazione del disco nella Riserva di Monte Casoli a Bomarzo, hai citato Henry David Thoreau. Hai avuto anche altre ispirazioni per questo disco?
Sì, Thoreau è stato uno dei tanti, nella vita siamo spesso illuminati da scrittori, filosofi ed artisti in genere e lui è stato per me uno tra i più grandi. La mia vita è da sempre connessa ai boschi e la natura in genere, in quanto sono convinto che nella natura ci sia la risposta per ogni essere a tutti i propri quesiti interiori, cioè quelli che non possono essere spiegati agli altri perché troppo personali e profondi. Nella natura risiede la sapienza e questa verità lo stesso Thoreau la spiega magistralmente nella sua opera Walden, ovvero vita nei boschi scrivendo: “andai a vivere nei boschi perché volevo vivere con saggezza, e succhiare tutto il midollo della vita”. Questo scrittore rappresenta quindi il mediante umano per l’ispirazione del mio disco, che proviene appunto dalle foreste.
Mereio. Raccontaci meglio di quest’esperienza creata insieme all’associazione Bomarte.
Mereio è una bellissima esperienza nata dall’incontro con i Bomarziani e che ha come obiettivo quello di portare musica nei boschi utilizzando energia ecosostenibile. Grazie ai ragazzi di Pedaloveinfatti, riusciamo a fare lo show utilizzando dei pedali di vecchie biciclette che, collegati ad un circuito elettrico, forniscono l’energia necessaria a far suonare la nostra amplificazione. L’intento della nostra iniziativa è proprio quello di sensibilizzare le persone a riavere un contatto con la natura, unica ed autentica patria di ogni essere vivente.
Chi sono i bravissimi musicisti che ti hanno accompagnato in questa bella avventura?
I musicisti variano da location a location. Nel primo appuntamento al bosco di Monte Casoli ero accompagnato da Luigi Tresca ai saxes, Nicola Guida al piano e Luca Fattorini al contrabbasso, ma nei prossimi spettacoli cambierò musicisti, proprio come da copione del progetto Mereio.
Vedo che il disco è stato pubblicato dalla Repubblica Delle Arti, puoi parlarci meglio di questa realtà? Già esisteva o è nata per questo progetto? Cosa ha intenzione di pubblicare da qui ai prossimi anni?
La Repubblica Delle Arti è un movimento ideato da me e David Sciuga cinque anni fa. È totalmente libero. Non è registrato da nessuna parte, non è un’associazione culturale, né tantomeno un’etichetta discografica. Può essere definito come un gruppo di persone che divulgano l’arte ed il sapere nel modo più autentico possibile, senza coinvolgere inutili e nauseanti politiche, siamo semplicemente persone differenti tra loro, ma che all’unanimità hanno scelto di combattere l’industria culturale, secondo noi madre di ogni forma di distruzione umana, perché a sua volta schiava del commercio globalizzato. Siamo liberi di essere tutto o nulla e proprio perché credo in questa ideologia, ogni volta che faccio un concerto un disco o un’idea che ha come finalità la divulgazione dell’arte e del bene la firmo con “Repubblica delle Arti”. Ho chiamato così anche il mio studio. Per quanto riguarda le prossime pubblicazioni sto già lavorando al secondo disco. Per ora preferisco limitarmi a dire solo questo.
Le eccellenze del territorio viterbese, dal tuo punto di vista.
Ci sono davvero tantissimi artisti (e non) che dovrebbero essere considerati molto di più dalle istituzioni e dai media locali e nazionali. Daniele Ercolani, Daniele Vita, Andrea Bennati, Roberto Joppolo, Piermaria Cecchini, Claudia Scarsella, Alberto Morucci sono solo alcuni dei tanti artisti validi che vantiamo nel territorio. Mi limito a questi perché oltre alla loro bravura e talento indiscussi sono molto connessi con le idee portate avanti dalla Repubblica Delle Arti.
Cosa si può fare secondo te, per migliorare la situazione culturale di questa area che vanta secoli di storia, culture e tradizioni alle sue spalle?
Da sempre l’arte migliore nasce dove se ne avverte più il bisogno. Così come il salvagente ci salva quando non riusciamo più a nuotare, l’arte arriva in nostro soccorso quando non riusciamo più ad accettare una certa realtà. Personalmente adoro questa città ed i loro abitanti, ma purtroppo è quasi sempre stata gestita da persone poco competenti e figlie di regimi politici e di partito che a mio parere dovrebbero farsi da parte il prima possibile proprio per dare luce alla grande quantità di persone (e personaggi) validissimi di cui gode la nostra città, ma questo accade raramente purtroppo. Per fare un esempio: il giocatore Leonardo Bonucci (premetto che non capisco nulla di calcio) a mio avviso dovrebbe essere festeggiato ogni volta che si trova nella nostra città proprio perché porta nel mondo la nostra viterbesità, ma invece l’unica volta che ho sentito parlare di lui purtroppo fu quando venne ingiustamente inquisito per le calcioscommesse. Questa vicenda mi ha fatto capire che purtroppo finché la gestione della cultura non verrà lasciata in mano a politici e giornalisti che hanno una profonda conoscenza delle arti, resteremo bloccati in questa realtà ristagnante. Anche a livello nazionale sono fermamente convinto che questa nostra realtà politica debba morire (per lasciare spazio ad un’altra completamente diversa – solo allora la cultura riprenderà a migliorare ed arricchire la società. La meritocrazia in questo gioco avrà un ruolo di primaria importanza).
Cos’è Masileyo? Se fosse un colore, quale sarebbe?
“Masileyo” è una parola che mi inventai da piccolo per comunicare ‘la bellezza dell’esistenza’. Del resto ogni parola che inventiamo è nata da qualcuno. Mesi fa su Instagram ho sperimentato l’idea di esprimere questo concetto proponendo alle persone di mettere l’hashtag #masileyo sulle proprie foto qualora suscitassero in loro emozioni positive. In pochissimo tempo siamo arrivati a più di trecento immagini e l’esperimento continua. Il colore a cui assocerei Masileyo è senz’altro l’avana.
Chi è Renard, a cui è dedicato il disco e che compare anche in una delle canzoni?
Renard è una volpe selvatica con la quale ho vissuto tre mesi della mia vita. E’ una storia che – se tutto andrà bene – racconterò in un libro, tale è la sua bellezza.
Le canzoni dell’album sono più ispirate a fatti realmente successi o riflettono maggiormente tuoi stati d’animo interiori?
Il caso di Renard è un fatto realmente accaduto, mentre gli altri brani sono ugualmente accaduti, ma dentro di me. Gerusalem song ad esempio è nata da una sorta di preghiera che lanciai a chissà chi tre anni fa. Presi il microfono, suonai un Re minore sulla tastiera del piano elettrico ed iniziai a fare dei vocalizzi. Spesso ciò che accade dentro esce fuori e viceversa. Sono comunque convinto che entrambi facciano parte di uno stesso gioco, fatto di eventi reali ed immaginari di eguale valore. D’altronde chi può distinguere ciò che è reale da ciò che non lo è? Per fare un esempio: perché chi parla con Dio è credente e chi sente la parola dello stesso Dio è psicotico?
Fare arrivare in testa ai dischi più venduti di musica world su iTunes il tuo primo album: ti sei lanciato nel vuoto o sapevi di altre esperienze andate a buon fine?
Come sempre mi sono lanciato nel vuoto. L’unica cosa della quale ero convinto è che nel mio lavoro ho messo tutta la passione della quale disponevo e che proprio per questo sarebbe andato bene – comunque andasse. È anche vero però che non mi aspettavo così tanta considerazione, soprattutto per la mia prima esperienza da solista. Credo che a volte il segreto del successo sia proprio quello di provare a fare senza nessun esempio o istruzioni da seguire.
Sei d’accordo nel classificare la tua musica come world music?
Umberto Eco una volta disse che “il genere è un’aspettativa per il pubblico”. È comodo ridurre una certa musica ad un genere musicale perché nel genere risiedono alcune aspettative sonore che ricerca l’ascoltatore, ma credo che mai e poi mai un artista dovrebbe rispecchiarsi in un genere.
Quali esponenti di questo o di altri generi ti senti di consigliare per allargare gli orizzonti musicali e culturali?
Ne avrei da menzionare almeno cinquanta ma preferisco consigliare a tutti gli amanti dell’arte dei suoni di cercare musica nuova. Al giorno d’oggi abbiamo potentissimi mezzi per scoprire nuove musiche come Spotify, YouTube, il web in genere e non tollero proprio chi ancora segue la scia delle mode indotte dall’industria culturale. Se prima la musica veicolata dai mass media era quella dispoticamente decisa dall’industria discografica, oggi possiamo sentire quello che vogliamo, e scoprire nuova musica: è bellissimo. Basta con questa pigrizia, svegliamoci!
Dove possiamo trovare l’album Masileyo?
Il disco si può acquistare in digipack nei concerti dal vivo ed è presente a bassissimo prezzo sui principali store online: Google Play, Cubomusica, Shazam, Spotify, Amazon, iTunes.